Gaetano Di Maio autore della commedia era discendente da un’importante famiglia napoletana di attori e scrittori i Di Maio, appunto. Il nonno Crescenzo fu drammaturgo e attore; con lui recitò Eleonora Duse. Figlio d’arte (era, infatti, figlio di Oscar Di Maio, attore e commediografo, e dell’attrice Margherita Parodi), Gaetano Di Maio si trovò, giovanissimo, a dover sostituire il padre, fra gli inventori della Sceneggiata, venuto a mancare prematuramente. Il fratello, Edoardo è scrittore e poeta, le sorelle Olimpia e Maria, attrici. Uomo di raffinata cultura, studioso di filosofia e di letteratura, esordì nel 1948 con Core ‘e zingara. Fu autore prolifico. Nel 1962 la commedia Avendo potendo pagando fu interpretata dal grande attore Nino Taranto e negli anni successivi, sempre per lui, Di Maio scrisse la fortunata serie televisiva Michele Settespiriti, prodotta dalla RAI.
Dal 1972, con la commedia La fortuna ha messo gli occhiali, ebbe inizio la sua collaborazione con la Compagnia Stabile del Teatro Sannazaro. I titoli più importanti furono: Mpriesteme a mugliereta, È asciuto pazzo ‘o parrucchiano, che traeva origine dal precedente lavoro Nu paese mmieze ‘e guaie, Madama Quatte solde. Altri titoli di grande successo sono Arezzo 29 in tre minuti (o Arezzo 29, in breve), Il morto sta bene in salute e Ce penza mammà. Le sue opere sono state interpretate, fra gli altri, da Ugo D’Alessio, Luisa Conte, Pietro De Vico, Gennarino Palumbo, Rosalia Maggio, Enzo Cannavale, Giacomo Rizzo, Marina Confalone, Antonio Merone e, a Parigi, da Jacques Fabri.
Di Maio si cimentò anche nella riscrittura di testi classici, come con Lisistrata, ovvero “o sciopero de mugliere”, rappresentata nel 1983 al Teatro Grande di Pompei, Le donne al parlamento di Aristofane e Le furberie di Scapino di Moliere, che fu rappresentata col titolo Le trovate di Minichiello. Fu pubblicata postuma, nel 1994, la raccolta di poesie in lingua, trovate dal nipote Ernesto Paolozzi, Verranno amici, curata di Giuseppe Di Costanzo. (fonte W)
***
Nasscive, tanne, pe mmurì jassenne
da n’ata vite. Na ccanosche u sole.
Fasce nu fridde!… i nna mme vene suenne.
Na vosce, ca me n’ere sciute a vvole
cu ll’àngele, descene, i ji chiangenne
me stesse, a ssule, senze na palore,
cu ddurmeve sazziate sobb’à menne
de mamamme na vote sola sole
na vote! i mm’ere muerte scenne scenne.
Ci sape percé jedde nange vole
pure mu morte…
Pietro Gatti – ‘Nguna Vite pag. 12-13 Nunzio Schena Editore, Fasano di Puglia 1984
Traduzione: Nacqui, allora per morire uscendo da un’altra vita. Non conosco il sole. Fa un freddo!… e non mi viene sonno. Una voce, che me n’ero andato a volo con gli angeli, diceva, ed io piangendo me stesso, da solo, senza una parola, che dormissi sazio sul petto di mamma una volta sola sola, una volta! e me ne fossi morto andando andando. Chi sa perchè lei non vuole anche ora morta…
ho voluto confrontare due facce della medaglia intitolata alla morte, tema reso lieve a Sanremo dalla canzone di Cristicchi, la prima volta che sono morto…