Siamo al teatrino del gioco delle parti senza partito né preso, né da prendere. Si continua invece a menare il torrone per far passare il tempo e rendere indispensabile uno svuotamento dello Statuto dei lavoratori a mezzo decreto. Possibile che per creare lavoro l’unico modo sia quello di levare diritti acquisiti ed aggiungere nuove e crescenti incertezze e precarietà a carico dei lavoratori? La parola investimenti è diventata un tabu? Gli imprenditori (e le banche) devono continuare a giocare in Borsa fino a sfondarla e sfondarsi? Intanto la Cgil, chiusa in difesa sempre di più invece di attaccare, indica i suoi punti per la riforma del lavoro, o meglio i suoi paletti, appunto: «Non vogliamo che chi lavora possa essere licenziato senza una ragione, mandare tutti in serie “B” non è estendere i diritti e le tutele, stesso lavoro, stessa retribuzione». Intanto sembra dire si al contratto a tutele crescenti a patto che «si cancellino i tanti contratti che producono precarietà». Quindi meglio un grosso precariato che tanti precariati piccoli, un bel progresso non c’è dubbio…
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Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purché fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.
Dico per voi, compagni d’un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L’anima, l’animo, la voglia di vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo,
Prima che s’indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l’impronta
Dell’amico incontrato per via
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.
Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l’augurio sommesso
Che l’autunno sia lungo e mite.Primo Levi, 6 dicembre 1985
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cinguettii
Tweet da smemorato_nigerIl tutto è falso, il falso è tutto
Questo mondo
corre come un aeroplano
e mi appare
più sfumato e più lontano.
Per fermarlo tiro un sasso controvento
ma è già qui che mi rimbalza
pochi metri accanto.
Questo è un mondo
che ti logora di dentro
ma non vedo come fare ad essere contro.
Non mi arrendo ma per essere sincero
io non trovo proprio niente
che assomigli al vero.
Il tutto è falso
il falso è tutto.
Il tutto è falso
il falso è tutto.
E allora siamo un po' preoccupati
per i nostri figli ci spaventano
i loro silenzi i nostri sbagli.
L'importante è insegnare quei valori
che sembrano perduti
con il rischio di creare nuovi disperati.
Il tutto è falso
il falso è tutto.
Non a caso la nostra coscienza
ci sembra inadeguata
quest'assalto di tecnologia
ci ha sconvolto la vita.
Forse un uomo che allena la mente
sarebbe già pronto
ma a guardarlo di dentro
è rimasto all'ottocento.
Il tutto è falso
il falso è tutto.
Io che non riesco più a giudicare
non so neanche che cosa dire
della mia solitudine.
Guardo con il mio telecomando
e mi trovo in mezzo al mondo
e alla sua ambiguità.
C'è qualcuno che pensa
di affrontare qualsiasi male
con la forza innovatrice
di uno Stato liberale.
Che il mercato risolva da solo
tutte le miserie
e che le multinazionali siano necessarie.
Il tutto è falso
il falso è tutto.
Ma noi siamo talmente toccati
da chi sta soffrendoci fa orrore la fame,
la guerra le ingiustizie del mondo.
Com'è bello occuparsi dei dolori
di tanta, tanta gente
dal momento che in fondo
non ce ne frega niente.
Il tutto è falso
il falso è tutto.
Io che non riesco più a ritrovare
qualche cosa per farmi uscire
dalla mia solitudine.
Cerco di afferrare un po' il presente
ma se tolgo ciò che è falso
non resta più niente.
Il tutto è falso
il falso è tutto.
Il tutto è falso
il falso è tutto quello che si sente
quello che si dice
il falso è un'illusione che ci piace
il falso è quello che credono tutti
è il racconto mascherato dei fatti
il falso è misterioso
e assai più oscuro
se è mescolato
insieme a un po' di vero
il falso è un trucco
un trucco stupendo
per non farci capire
questo nostro mondo
questo strano mondo
questo assurdo mondo
in cui tutto è falso
il falso è tutto.
Il tutto è falso
il falso è tutto
Il tutto è falso
il falso è tutto.
Il tutto è falso
il falso è tutto, tutto, tutto.Giorgio Gaber
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Capita a pennello il vangelo del giorno.
Perché il nostro Paese che si dice “cattolico”, e perciò cristiano, perché non può essere come quella vigna il cui padrone esce di casa a tutte le ore e non si da pace finchè non ha portato tutti i padri di famiglia a lavorare nella sua vigna?
Perché un paese clericale come il nostro si vergogna di applicare delle leggi e dei principi egualitari e di giustizia sociale che impallidiscono al confronto del trattamento che il Signore riserva agli operai della Sua vigna?
La famiglia Renzi, fatta di scaut e di organisti della Domenica, ascolterà il Vangelo di oggi? E i vari ministri mangiaostie ascolteranno o dormiranno?
Alleluia! Alleluia! Alleluia!
Mi pare evidente la mancanza di un sindacalista… 😉 :
“Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro.
Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno.
Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo:
Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?
Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te.
Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi.”
In quanto alle tutele… non mi paiono crescenti.
Infatti non ha mai licenziato, ha sempre assunto fino all’ultima ora!
Perché sono venuto qui? Ti racconto una storia.
Nel lontano 1985 ero economicamente punto e a capo dopo aver pagato con due anni di trasferta in Iran l’anatocismo del millepercento a due banche cegliesi (usurai, altro che quei poveracci di cui si favoleggia nei paesini).
La trasferta in Iran era finita perché “parlavo persiano coi nostri clienti” (detto tra me e te era l’unico modo per comunicare a quei poveracci che il nostro paese gli aveva montato dei catorci) in un impianto energetico strategico per la giovanissima Repubblica Islamica Iraniana.
A Milano mi avevano concesso un’altra opportunità. Il Capo del personale mi aveva redarguito: questa è l’ultima possibilità, vada in Algeria e cerchi di redimersi!
Sbarcammo all’aeroporto di Algeri un primo pomeriggio di settembre dell’85 io, un carpentiere brindisino e un saldatore siciliano, Stefano S.. Non c’era nessuno ad aspettarci all’aeroporto e dopo una mezz’ora di inutile attesa decidemmo di affidarci ad uno dei tanti autisti che si offrì di portarci al cantiere distante circa 150 chilometri da Algeri. Disse di aver portato altri italiani a Sour El Ghozlane, conosceva la strada e accettava di essere pagato a destinazione. Avevamo già visto di più in passato, per cui quando, dopo una decina di incroci in strade fangose della periferia presidiati da disperati nascosti sotto le campate dei ponti, non vidi ancora il miraggio della strada nazionale mi consultai velocemente con gli altri due compagni di sventura. Col loro conforto iniziai una recita nel discreto francese che parlavo disperandomi per la valigia che avevo dimenticato all’Aeroporto Boumedienne. In quella valigia c’erano i miei effetti personali e il portafogli con tutti i miei averi in lire e dollari. Quando mi accorsi che il tassista improvvisato aveva “abboccato” mi rivolsi a lui e lo pregai di ritornare all’aeroparto per permettermi di recuperare la mia valigia. Credevo che l’avesse presa il mio amico Matteo, ma quello aveva lasciato il mio bagaglio vicino all’Ufficio della Delegazione Finmeccanica. Senza troppe storie tornammo in aeroporto e ci facemmo scaricare vicino agli uffici dell’Alitalia dove trovai qualcuno disposto a darci una mano. Dopo aver telefonato al cantiere ci chiamarono un tassista di fiducia che ci accompagnò fino al cantiere di “Muro delle Gazzelle”. E ci andò bene. Conservo ancora una raccolta di quotidiani locali dell’epoca. agli angoli di strade deserte banditi disperati bloccavano le auto in transito e dopo aver depredato i passeggeri di ogni loro aver li lasciavano tramortiti nelle cunette e diversi ne morivano. Fummo fortunati, e poi lo raccontai al Capo del Personale.
Anche allora per chi andava all’estero a lavorare il Sindacato non c’era e non valeva nemmeno lo Statuto che ora non c’è più.
Carne da macello.
Anch’io voglio raccontarti una storia, come saprai, in questi giorni la Cgil è alla prese con una consultazione degli iscritti che non ha precedenti. In migliaia le assemblee programmate, il nostro Sindacato ci chiede di discutere i contenuti della Carta dei diritti universali che vuole tradurre in una proposta di legge di iniziativa popolare. A cosa si è ridotti dopo aver visto smantellare il precedente Statuto da parte dei “nostri” senza aver punto posto resistenza alcuna (!) …, se ne vuole, lavarsi la coscienza, proponendone uno nuovo. Un libro dei sogni, ho avuto occasione di dire, nell’assemblea in cui, peraltro, ho approvato la proposta. Non ho mancato di chiedere al relatore d’occasione, quali speranze abbiamo di far approvare dal nostro Parlamento, dopo l’eventuale riuscita della consegna degli scatoloni di firme (eventualmente raccolte), quel meraviglioso libro dei sogni, visto che non abbiamo più parlamentari che debbano aspettare una proposta di legge popolare per accorgersi che i lavoratori sono oramai senza diritti. Tutto ciò in una Repubblica fondata sul lavoro! Non ho risposto alla tua storia, ma che Storia è questa?
Speriamo domani un’altra Storia. Buona notte.
Buona notte!
Rosalba Failla racconta quindi di un disperato appello del marito, probabilmente registrato, che i rapitori – rivolgendosi a lei in un italiano stentato – le fecero sentire in una telefonata dello scorso 13 ottobre: «ciao sono Salvo, i miei compagni li hanno portati via, io sono rimasto da solo e ho bisogno di cure mediche, ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere». Ma, spiega le donna, «dopo la telefonata mi è stato detto da chi stava lavorando al caso di non rispondere più al telefono, di stare zitti, di non parlare con nessuno dei rapitori. Mi sono rivolto al ministero degli Esteri e ci dicevano che a mio marito era stato imposto di dire così, ma secondo me Salvo mi chiedeva davvero aiuto, perché la voce era sofferente, sentivo che soffriva».
Questa è proprio una triste storia di poveri lavoratori all’estero.
I familiari devono stare zitti per non disturbare il flusso di petrolio verso nord e quello delle armi verso sud…
Un rumore qualsiasi può distrarre l’addetto in sala controllo: o no????????
Ahinoi, si!
Allego, una delle mie inutili elucubrazioni:
http://www.agoravox.it/L-Italia-ripudia-la-guerra.html
Ma in che Paese siamo? Un presidente del consiglio dei ministri in pantaloni jeans e giacchina mimetica fa proprio ridere! Si fosse presentato così un qualunque soldatino l’avrebbero polverizzato, a questo pagliaccio in tenuta finto generalissimo invece spetta anche il saluto militare.
Pagliaccio, ecco la parola giusta: ha imparato bene dal suo maestro Silvio, in alcuni casi ne ha superato le pessime qualità! A quando qualche festino sexy?