L’olio del Paese nostro


Saltate gli ultimi steps della filiera commerciale, comprate all’origine. Sarete soddisfatti e avrete aiutato il made in Italy.

Ricordiamo che per fare l’olio occorre avere a disposizione un pezzo di terra, se non ci sono alberi di ulivo occorre comprare degli ulivi, piantarli e aspettare diversi anni perché diano frutti. Naturalmente occorre comprare un trattore e degli attrezzi. Serve concimare le piante tutti gli anni. Bisogna potare gli ulivi e saperlo fare ad arte quando serve. Vanno raccolte le frasche secche, liberate le piante dagli insetti nocivi, occorre pulire il terreno un paio di volte l’anno. Bisogna sperare che non geli e non grandini. Raccogliere le olive tutti gli anni anche se non gli alberi “caricano”. Poi si portano le olive al frantoio per la molitura.

Le olive, dopo essere state raccolte, entrano nel frantoio all’interno di grandi casse forate alimentari. Dopo essere passate attraverso una macchina che le pulisce dai residui di foglie e rami, passano poi alla frangitura, dove vengono delicatamente frantumate, in modo da ottenere la così detta pasta. La pasta viene quindi trasferita alla gramola, un contenitore orizzontale che, rimescolandola lentamente, determina una prima separazione dell’olio dal resto. Al termine della gramolazione, la pasta viene grossolanamente separata nei vari componenti: sansa, acque di vegetazione e, ovviamente, olio. La sansa, che è la parte solida, viene quindi nuovamente separata dai nocciolini, che, frantumati durante le operazioni di frangitura, sono utilizzati come combustibili alternativi per le stufe a pellet. Parallelamente anche la sansa denocciolata è riusata per fornire energia. L’acqua di vegetazione viene usata come fertilizzante sui terreni agricoli. L’olio, così prodotto, viene conservato dentro grandi cilindri d’acciaio, allocati in luoghi freschi e asciutti. In attesa dell’ultima fase del processo, ovvero la sua filtrazione e, infine, l’imbottigliamento. Questo è ciò che mia cugina ha imparato dal suo consorte, titolare del Frantoio Vinci.

Quando si parla di filiera corta e di controllo dell’origine, il consumatore deve tener conto di quanto lavoro comporta la produzione dell’olio e premiare i coltivatori di oliveti e i “trappeti” che trasformano le olive in olio, saltando i commercianti. Il nostro Paese, Ceglie Messapica ha una tradizione secolare nella produzione di Olio. Il terreno carsico e le sue grotte naturali furono sfruttati dai nostri avi per impiantare i “trappeti” direttamente all’interno del territorio cittadino, per l’orrore degli ambientalisti le cavità venivano anche usate per smaltire le acque di vegetazione. Ovvio che i moderni frantoi debbano fruire dei macchinari moderni per affinare la produzione.

Devo qui ricordare che, il nonno mio e di Maria Teresa Tagliente di cui porto il nome Giacomo, mio padre Felice e lo zio Giuseppe Agosto negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso lavorarono presso l’Opificio Marraffa di Ceglie Messapica dove la Sansa di olive veniva lavorata a mezzo di solventi chimici per l’estrazione dell’olio residuo e la fabbricazione di sapone.

Ringrazio Maria Teresa per la collaborazione nella stesura del post.

Informazioni su smemorato

senza nulla a pretendere
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