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Ceglie Messapica (Brindisi), l’ingresso nella Valle d’Itria


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4 risposte a l’idea

  1. smemorato ha detto:

    Riciclare non costa niente, magari si sorride amaro, ma si sorride: buona lettura!

    SOCIALISMO
    Hai 2 mucche. Il tuo vicino ti aiuta ad occupartene e tu dividi il latte con lui.

    COMUNISMO
    Hai 2 mucche. Il governo te le prende e ti fornisce il latte secondo i tuoi bisogni.

    FASCISMO
    Hai 2 mucche. Il governo te le prende e ti vende il latte.

    NAZISMO
    Hai 2 mucche. Il governo prende la vacca bianca e uccide quella nera.

    DITTATURA (chissà le ultime due categorie che sono (!))
    Hai 2 mucche. La polizia te le confisca e ti fucila.

    FEUDALESIMO
    Hai 2 mucche. Il feudatario prende metà del latte e si tromba tua moglie.

    DEMOCRAZIA
    Hai 2 mucche. Si vota per decidere a chi spetta il latte.

    DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA (quella di sopra è semplice, questa gasata)
    Hai 2 mucche. Si vota per chi eleggerà la persona che deciderà a chi spetta il latte.

    ANARCHIA
    Hai 2 mucche. Lasci che si organizzino in autogestione.

    CAPITALISMO
    Hai 2 mucche. Ne vendi una per comprare un toro ed avere dei vitelli con cui iniziare un allevamento.

    CAPITALISMO SELVAGGIO
    Hai 2 mucche. Fai macellare la prima ed obblighi la seconda a produrre tanto latte come 4 mucche. Alla fine licenzi l’operaio che se ne occupava accusandolo di aver lasciato morire la vacca di sfinimento.

    BERLUSCONISMO
    Hai 2 mucche. Ne vendi 3 alla tua Società quotata in borsa, utilizzando lettere di credito aperte da tuo fratello sulla tua banca. Poi fai uno scambio delle lettere di credito, con una partecipazione in una Società soggetta ad offerta pubblica e nell’operazione guadagni 4 mucche beneficiando anche di un abbattimento fiscale per il possesso di 5 mucche. I diritti sulla produzione del latte di 6 mucche, vengono trasferiti da un intermediario panamense sul conto di una Società con sede alle Isole Cayman, posseduta clandestinamente da un azionista che rivende alla tua Società i diritti sulla produzione del latte di 7 mucche. Nei libri contabili di questa Società figurano 8 ruminanti con l’opzione d’acquisto per un ulteriore animale. Nel frattempo hai abbattuto le 2 mucche perché sporcano e puzzano. Quando stanno per beccarti, diventi Presidente del Consiglio.

    MONTISMO
    Hai 2 mucche. Tu le mantieni, il governo si prende il latte e ti mette una tassa su: la stalla, la mangiatoia, la produzione. A te rimane lo sterco. Intanto è in approvazione un disegno di Legge sulla tassazione dei rifiuti organici animali.

    Appuntamento a dopo le elezioni con porcata (non porchetta… neh!) o senza.

    • Pietro ha detto:

      Anche se a denti stretti, mi stai facendo ridere tutta la famiglia!

      • smemorato ha detto:

        Sono contento che vi sia piaciuto. Di seguito una proposta di lettura diversa che non condivido per i personaggi che contiene, ma per il concetto che esprime: credo di essere un mite, ma se m’incazzo…

        buona giornata

  2. smemorato ha detto:

    L’ira del mite.
    di Massimo Gramellini
    Temete l’ira del mite. E’ pacifico e tollerante, intento a scrostarsi di dosso le cicatrici di un dolore antico. Chiede soltanto di essere amato e di non venire considerato come gli altri: i disinvolti, i beceri, gli arrivisti. Coltiva anche dei miti, il mite. Dei miti e dei sogni. Ne conosco uno che aveva il mito dell’America buona e il sogno di fondare in Italia un partito progressista moderno. Finché il sogno si avverò e il mite ne divenne il capo. Alle elezioni prese un mucchio di voti, ma i compagni di bottega smisero egualmente di amarlo. Lui si chiamò fuori, offeso e deluso. Da tutti e da uno in particolare: un tipo coi baffi che non cercava l’amore degli altri perché se ne dava già abbastanza da sé. Ma il mite ha pazienza. E un tempismo formidabile. Il momento che sa aspettare è sempre quello giusto.

    Il nostro mite, chiamiamolo Walter, nel giorno del quinto anniversario del suo sogno-partito andò a dire in tv: io sono diverso, non mi candido più. Una scelta sofferta, certo. E personale, certissimo. Eppure bastò che lui si staccasse dalla colonna a cui per forza di inerzia era ancora rimasto appoggiato perché il tempio cadesse giù, precipitando sulla testa di coloro che non lo avevano amato o, peggio, avevano smesso di amarlo. Fra i calcinacci si riconosceva il tipo coi baffi, chiamiamolo Massimo, intento a scambiarsi irriconoscenze col nuovo capo, un Pier Luigi che era stato proprio Massimo a mettere lì, per sfregio nei confronti del mite. Il quale osservò la scena del disastro senza compiacimento né compassione, con un riverbero di tristezza implacabile negli occhiali. Tremenda è l’ira di noi miti.

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