CGIL e il piano del lavoro


Donata Canta

Donata Canta – Camera del Lavoro – Torino

Un grande Piano per il lavoro per rispondere alla crisi, cambiando il paradigma delle ricette di politica economica seguite finora. Non più solo il rigore, che ha avvitato in una spirale recessiva l’Europa e l’Italia in particolare, ma un forte rilancio della riqualificazione e dello sviluppo del sistema produttivo, questo il progetto della CGIL.

Il Piano per il lavoro, che la confederazione sindacale guidata da Susanna Camusso sta preparando da quasi un anno, ora assume maggior rilievo, svolgendosi nel pieno della campagna elettorale.

Una strategia per la sinistra – Il Piano per il lavoro, che si richiama all’analogo documento presentato nel 1949 dal carismatico segretario della Cgil Giuseppe Di Vittorio al congresso di Genova, punta anche questa volta a offrire un orizzonte strategico non solo al sindacato rosso ma a tutta la sinistra.

Un milione di posti di lavoro – Per illustrare subito le conclusioni cui giunge il Piano, si può dire che, secondo la Cgil, se venisse adottata una nuova politica economica e fiscale, si potrebbe avere, al posto della recessione, destinata a durare anche quest’anno, una crescita del Prodotto interno lordo già nel 2013 dell’1,6% e poi dell’1,5% nel 2014 e dell’1% nel 2015.

E l’occupazione, anziché continuare a diminuire quest’anno di un altro 0,4%, salirebbe dell’1,5%, qualcosa come 350mila posti di lavoro in più e così, più o meno, nei due anni successivi, per un totale di un milione di posti di lavoro nel triennio. Ma da realizzare, evidentemente, con ricette molto diverse da quelle berlusconiane.

La Cgil punta su un «Progetto Italia» per lo sviluppo e l’innovazione, su un «Piano straordinario per la creazione diretta di lavoro» e su un «Piano per un nuovo Welfare» che abbia come priorità quattro settori: «Infanzia, non autosufficienza, povertà e integrazione».

Patrimoniale e lotta all’evasione – Va subito detto che, per realizzare quel «Big push» sul «modello New Deal» di rooseveltiana memoria di cui si parla nel Piano e che ispirò anche quello di Di Vittorio, la Cgil propone una forte riforma del sistema fiscale capace di portare nelle casse dello Stato «almeno 40 miliardi di euro annui» in più di ora, attraverso una patrimoniale sulle grandi ricchezze, un aumento dell’imposizione sulle transazioni finanziarie, l’introduzione di tasse ambientali («chi inquina paga»), un «piano strutturale di lotta all’evasione fiscale, contributiva e al sommerso» che impiega oggi circa 3 milioni di lavoratori.

Il nuovo Fisco dovrebbe pesare di meno su dipendenti e pensionati, per i quali si propone il taglio di due aliquote Irpef (la prima dal 23 al 20%) e la terza (dal 38 al 36%), l’aumento delle detrazioni specifiche e dei sostegni per i carichi familiari.

Accanto alla riforma fiscale, secondo la Cgil è possibile ridurre la spesa pubblica di 20 miliardi, tagliando tra l’altro 10 miliardi di incentivi alle imprese. E si potrebbero recuperare 10 miliardi da un miglior utilizzo dei fondi europei. Insomma, in un arco pluriennale (3-5 anni) l’obiettivo è raccogliere circa 80 miliardi di risorse da impiegare nella crescita.

Posti pubblici, incentivi privati – Dai 4 ai 10 miliardi annui dovrebbero andare agli interventi prioritari del «Programma Italia»: green economy, innovazione manifatturiera, efficienza energetica (smart grid), agenda digitale, infrastrutture, prevenzione antisismica, messa in sicurezza dell’edilizia scolastica, riorganizzazione del ciclo dei rifiuti, diffusione della banda larga, percorsi turistici integrati, trasporto pubblico sostenibile, sviluppo rurale.

Come si vede, si tratta di un vasto programma di lavori pubblici e di incentivi alle imprese per promuovere innovazioni che altrimenti non verrebbero intraprese. Nel piano della Cgil tutto questo dovrebbe avvenire non solo dall’alto verso il basso, ma anche al contrario attraverso una forte azione di contrattazione territoriale tra istituzioni locali e parti sociali. Dai 15 ai 20 miliardi l’anno sarebbero invece destinati alla «creazione diretta di lavoro».

Anche qui un mix di assunzioni nel pubblico, negli stessi programmi di cui sopra, e di incentivi alle assunzioni e alle stabilizzazioni nel privato. Con particolare attenzione all’occupazione giovanile e femminile. Si propongono quindi programmi di manutenzione, bonifica dei siti industriali inquinati, conservazione del patrimonio culturale, riqualificazione urbana, valorizzazione di parchi e riserve naturali. Tra i 5 e i 10 miliardi andrebbero al sostegno all’occupazione (stabilizzazione) e agli ammortizzatori sociali. Altri 10-15 miliardi al potenziamento del Welfare e 15-20 miliardi al taglio delle tasse su dipendenti e pensionati.

Una crisi che viene da lontano – A supporto della proposta di cambiare le politiche seguite finora il Piano per il lavoro contiene un’analisi delle cause del declino dell’Italia. Che sono di tipo strutturale e vengono da lontano. A partire dal nanismo delle nostre imprese, che le rende meno produttive e competitive sui mercati internazionali. Le «politiche neoliberiste, fondate sull’alleanza tra profitto e rendite a scapito del lavoro», hanno fatto il resto.

La crisi finanziaria scoppiata nel 2008 ha trovato l’Italia più debole dei nostri concorrenti. E le politiche di austerità hanno prodotto una recessione più grave del previsto, come riconosce ora anche il Fondo monetario internazionale. È necessario cambiare.

Coniugare politiche schumpeteriane di selezione e miglioramento qualitativo dell’offerta (innovazione prima di tutto) e politiche keynesiane di rilancio dei consumi è possibile, secondo la Cgil. Anzi è l’unica via per uscire dalla crisi. Che poi nell’Unione Europea ci siano gli spazi di manovra necessari è tutto da verificare. Ma è chiaro che il primo destinatario del Piano del lavoro della Cgil non è l’Ue bensì il Pd.

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7 risposte a CGIL e il piano del lavoro

  1. gianni_G ha detto:

    certamente lotta all’evasione, ma ancora di più la lotta alla corruzione e rendere efficiente la giustizia. sulla patrimoniale ho moltissimi dubbi, molto accattivante, ma la sua realizzazione è difficile in un paese troppo legato alla finanza, poi bisogna stare attenti perché la costituzione parla chiaro: “il reddito” è quello da tassare e non il reddito pontenziale

    • smemorato ha detto:

      Indubbiamente, applicare una tassazione patrimoniale è difficile perchè i pesci scappano in mille modi, ma una progressività più giusta delle tasse sul patrimonio non mi pare un’obbrobrio. Il patrimonio immobiliare si accantona con il surplus di reddito investito in mattoni, perchè è così difficile aumentare, senza esagerare, la progressività delle imposte su chi ha di più?

  2. pietro ha detto:

    Se devo essere sincero questo piano per il lavoro è come al solito una invasione di campo.
    La Confederazione Generale dei Lavoratori può anche, senza rinunciare alla propria autonomia, dare suggerimenti alla politica e, se proprio lo vuole, porre questi suggerimenti come condizione necessaria per raccogliere il sostegno delle masse lavoratrici.
    Un tale piano per il lavoro potrebbe pure trovare o scatenare l’entusiasmo dell’imprenditoria ormai priva di slancio e di idee, e affamata di spunti e di occasioni per rinascere dallo stagno in cui si è cacciata al guinzaglio della finanza più befera, pardon, volevo dire becera che ormai si è autodistrutta portando insieme a se in rovina chiunque gli si è legato negli ultimi tempi.
    Lo reputo una invasione di campo perché non si accenna neanche di passaggio al ruolo che avrà il Sindacato nel futuro immediato: questo mi piacerebbe sapere, a margine della proposta di piano per il lavoro, sarà il Sindacato intenzionato a riportare al suo posto la bilancia dei diritti? Ha la ferma volontà di far fare ai lavoratori dei prossimi decenni un balzo in avanti rispetto ai loro genitori? Ha la coscienza di dover sciogliere i lacci di una nuova schiavitù o vuole porsi, il Sindacato, come notaio della fogna dei diritti in cui ci dibattiamo, continuando a riscuotere senza rimorsi “le spese di segreteria”?
    Insieme al piano del lavoro, perché questo non sembri una invasione di campo, il Sindacato, quello che vuol essere degno di tale nome, mi deve redigere un forte piano di lotta, per il ripristino e il miglioramento dei diritti, per la sicurezza, per il tempo libero, per la famiglia, per il futuro dei lavoratori, anche per il “riposo”. Non sento più alcuno che parli di pensioni: che schifo, ci siamo tutti Ichinizzati?

    • smemorato ha detto:

      Vedi Pietro il problema della CGIL è l’isolamento sindacale e politico in cui si trova. Se il prossimo governo non metterà finalmente mano a una legge sulla rappresentanza sindacale il nostro povero sindacato rosso è destinato ad una sconfitta definitiva. Quando il lavoro continuerà a latitare, i mancati lavoratori e i residui lavoratori attivi cominceranno a togliere fiducia alla CGIL perchè incapace di produrre risultati concreti a favore dei lavoratori. L’ostracismo di Marchionne agli iscritti FIOM è l’inizio di un attacco mortale alla grande CGIL. Dio voglia che il prossimo governo ascolti le richieste della CGIL. Basterebbe intanto rompere il ricatto della legge sulla stabilità per innescare un circuito di creazione di posti di lavoro utili. Ristrutturazione degli edifici scolastici e degli ospedali, sistemazione della rete viaria e ferroviaria… ecc. Ti assicuro che non si tratta d’invasione di campo, ma dell’ultima occasione di rimanere in campo!

      • pietro ha detto:

        Caro Giacomo
        io penso che il piano del lavoro voglia essere un suggerimento per un prossimo governo di sinistra e penso che dire le stesse cose che sappiamo dire comuni cittadini come me e te, ” creazione di posti di lavoro utili. Ristrutturazione degli edifici scolastici e degli ospedali, sistemazione della rete viaria e ferroviaria… ecc.” sia soltanto una piccola e inutile invasione di campo se queste richieste non sono accompagnate dalla forte rivendicazione di “una legge sulla rappresentanza sindacale”, da una ferma richiesta di messa al bando di figuri e comportamenti “alla Marchionne”, dalla creazione di un movimento per la pubblicizzazione dei “beni comuni” e delle attività di interesse comune e strategico per il paese. Tutte queste sono cose che devono scaturire da un Parlamento in cui ci sia una forte rappresentanza di lavoratori, ben visibile e ben identificabile.
        Questo il nostro rosso sindacato deve chiedere ai lavoratori. Non si tratta di consigli per gli acquisti, si tratta di lotta per la nostra sopravvivenza.
        Questo sindacato (parlo non solo della CGIL, ma di tutto il Sindacato di Classe) è stato forte quanto era forte la rappresentanza dei lavoratori nelle Istituzioni.

  3. pietro ha detto:

    Il programma di Rivoluzione Civile
    Le Idee di ciascuno, il programma di tutti
    Idee
    PER IL LAVORO
    La nostra proposta

    Rimediare ai danni profondissimi provocati dalle controriforme dei governi Berlusconi e Monti è la priorità assoluta. Vogliamo che i lavoratori abbiano il contratto nazionale di lavoro e intendiamo ripristinare l’art. 18. Sono i referendum che abbiamo promosso raccogliendo centinaia di migliaia di firme i primi provvedimenti che prenderemo oltre all’abrogazione della riforma delle pensioni. Vogliamo approvare la legge sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro, per consentire ai lavoratori di votare sempre gli accordi, i contratti che li riguardano e i loro rappresentanti. Vogliamo che le retribuzioni italiane aumentino, a partire dal recupero del fiscal drag e dalla detassazione delle tredicesime. Per contrastare sul serio la precarietà cancelleremo tutti i contratti atipici lasciati in vigore dalla Riforma Fornero facendo dell’apprendistato il contratto di avvio al lavoro principale. I giovani in cerca di occupazione devono poter contare, come in quasi tutta l’Europa, su un reddito minimo garantito e tutte le donne devono poter contare su un assegno universale di maternità

    • smemorato ha detto:

      Tutto ciò è quanto vogliamo anche noi di S.E.L., vogliamo che l’articolo uno della nostra Costituzione torni ad essere il centro della nostra Democrazia. Combattiamo tutti coloro che vogliono espellere il lavoro dalla produzione delle ricchezza, tutti coloro che mettendo al primo posto la finanza e la speculazione hanno ridotto l’Europa e l’Italia nella condizione in cui si trovano oggi. In Italia gli Interessi della finanza sono rappresentati in primis da Mario Monti, segue Berlusconi che si interessa sopratutto della propria finanza, Casini e Fini si prestano, tutti i cespuglietti disposti ancora a sostenere le bugie dei nani e delle ballerine, persino Grillo che dice di voler combattere la finanza la sostiene con due punti non secondari della sua piattaforma elettorale: eliminazione del finaziamento pubblico ai partiti (esattamente come vuole Berlusconi) e referendum sulla permanenza dell’Italia nell’Euro (ignoranza assoluta degli equilibri essenziali che quella moneta rappresenta per noi tutti).

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